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  • Pamela Turchiarulo

Giorni di merla


Esistono leggende talmente radicate nella tradizione e tramandate di generazione in generazione, che col tempo finiscono per assumere, nell’opinione comune, una credibilità quasi degna di una teoria scientifica. Sarà forse perché la natura umana è sempre alla ricerca di una qualche certezza a cui appellarsi laddove, come in meteorologia, di certezze ve ne sono in realtà ben poche, o sarà perché, un po’ come quando si leggono gli oroscopi, la volontà di dare credito ad una teoria spinge talvolta ad interpretare la realtà in maniera necessariamente coerente con quella. Sarà. Quel che è certo è che, quando si avvicina la fine del mese di gennaio, in molti si preparano psicologicamente ad affrontare quelli che la leggenda vuole come i giorni più freddi dell’anno. Ma è davvero così? Perché mai, in fondo, se una rondine non fa primavera una merla dovrebbe essere messaggera della porzione più rigida della stagione invernale?

Ma partiamo dall’inizio. Leggenda vuole che gli ultimi tre giorni del mese di gennaio, ovvero 29, 30 e 31, o in alternativa gli ultimi due di gennaio ed il primo di febbraio, noti appunto come “i giorni della merla”, siano i più freddi dell’anno. Ma da dove ha avuto origine una simile credenza?


Una prima ipotesi a riguardo, di impronta spiccatamente bellica, fu avanzata, intorno alla metà del ‘700, da Sebastiano Pauli, il quale, in una cronaca dell’epoca, riferì la storia di un cannone, chiamato appunto “la Merla”, che avrebbe dovuto oltrepassare il Po e che riuscì a farlo proprio in quei giorni, grazie al gelo che tramutò il fiume in una strada ghiacciata. Una versione alternativa e decisamente più ‘sentimental-aristocratica’ della stessa vorrebbe che una nobile signora di Caravaggio, nominata ‘de Merli', da lungo tempo in attesa di traghettare il Po per raggiungere il marito, riuscì finalmente nel suo intento proprio in quei giorni, approfittando del congelamento della superficie del fiume. Per i non amanti del lieto fine, esistono anche le corrispondenti versioni drammatiche delle stesse storie, che vorrebbero una sorte assai meno simpatica per i soldati e la dama, finiti annegati nelle gelide acque del Po.

Secondo altre fonti, l’origine di questo detto andrebbe invece ricercata nella storia di una merla, che, per far fronte al freddo intenso degli ultimi giorni di gennaio, si rifugiò con i suoi pulcini in un comignolo, che la versione meneghina della stessa, assumendo le vesti di una vera e propria fiaba, avrebbe persino identificato in un palazzo sito in Porta Nuova. Quando vi riemersero, il loro piumaggio da nero era divenuto grigio a causa della fuliggine e tale rimase, da quel momento in poi, il colore dei merli femmina e dei loro piccoli.


Sempre una merla, ma in questo caso adornata di uno splendido piumaggio bianco, è la protagonista di un’altra storia, secondo cui gennaio, mese ombroso e dal clima rigido, regolarmente si divertiva ad aspettare che l’animale uscisse dal nido in cerca di cibo, per gettare sulla terra freddo e gelo. Stanca delle continue persecuzioni, la merla decise un anno di fare provviste sufficienti e di rinchiudersi nella sua tana al riparo per tutto gennaio, che allora aveva solo ventotto giorni. L'ultimo giorno del mese la merla, pensando di aver ingannato il perfido gennaio, uscì dal nascondiglio e si mise a cantare per sbeffeggiarlo. Gennaio si risentì così tanto che chiese in prestito tre giorni a febbraio, che allora ne aveva 31 e scatenò bufere di neve, vento, gelo e pioggia. La merla si rifugiò allora alla chetichella in un camino, restandovi al riparo per tre giorni. Quando ne uscì, era sì salva, ma il suo bel piumaggio candido si era annerito a causa del fumo e così essa rimase per sempre con le piume nere. Se da un lato è vero che nell’originario calendario romano gennaio aveva effettivamente solo 29 giorni, qualche dubbio in più lo lascia il fatto che l’origine della riforma operata da Numa Pompilio nel 713 a.C., che lo portò a 31, sia di natura ornitologica.

Quale che sia l’origine di questa leggenda, per stabilire se essa possa o meno meritare la credibilità che il folclore popolare vorrebbe attribuirle, non resta che mettere mano ai dati. Analizzando quelli della città di Milano, in onore alla merla trisavola dei tetti di Porta Nuova, risulta che, dagli inizi del ‘900 ad oggi , le giornate di ghiaccio, ovvero quelle in cui la temperatura massima è stata inferiore a 0°C, tra il 29 gennaio ed il 1 febbraio, sono soltanto 12 e la più recente risale al lontano 31/01/1963. Dando uno sguardo invece ai giorni più gelidi di sempre e ipotizzandone una classifica dal più freddo al più caldo sulla base delle temperature minime, per trovarne uno della merla dobbiamo scendere fino alla quindicesima posizione, ovvero al 29/01/1907 con i suoi -10,2 °C; non granchè in confronto ai – 14,2°C del 20/12/1933, che svetta sul podio. Solo otto sono poi le giornate nelle quali, tra il 29 gennaio ed il 1 febbraio, ha nevicato, mentre sei sono i casi di giorni della merla con temperature massime superiori ai 15°C, il più caldo dei quali fu il 31/01/1982 con ben 21,8°C di temperatura massima. Le cose sono due: o febbraio ha presentato il conto dei tanti giorni regalati nei secoli al suo predecessore rivendicando il suo onesto spazio sul calendario, o la merla, stanca di vagare infreddolita per camini, ogni tanto, proprio in quel periodo, ha deciso di prendersi qualche giorno di vacanza nell’emisfero australe.


Certo ogni regola ha la sua eccezione che la conferma, ma in questo caso di eccezioni sembrano essercene davvero un po’ troppe. Come uscire dall’empasse allora? Semplice: creando una leggenda nella leggenda, che possa permettere la gestione anche di queste variabili fuori programma: se i giorni della merla, come da tradizione dovrebbe essere, sono effettivamente freddi la primavera sarà bella, ma se sono caldi, attenzione che la primavera arriverà in ritardo e ci si vedrà costretti ad affrontare i “giorni della vecchia” ovvero gli ultimi tre giorni di marzo, considerati i più freddi della stagione primaverile.

A voi la scelta di stabilire cosa sia peggio.

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