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  • Pamela Turchiarulo

Un pianeta chiamato Islanda



Sarà per il fascino dei geyser, per l’imponenza dei suoi vulcani, per le suggestive lagune di iceberg che ne circondano a tratti il litorale, sarà per le sue latitudini polari, le sue longitudini atlantiche o i suoi paesaggi incontaminati, ma quando si parla di Islanda l’immaginario comune immediatamente riconduce ad un mondo lontano ed incantato, quasi un pianeta di un’altra galassia, che solo a tratti ci ricorda della sua esistenza, se un gigante effusivo dall’impronunciabile nome di Eyjafjallajökull decide di bloccare per svariate settimane il traffico aereo sull’Europa o se un gruppo di biondissimi tifosi, con tanto di cappello ‘corna munito’ sulla testa, dagli spalti di uno stadio conquista la simpatia di tutto il vecchio continente al suono dell’haka-hù!


Un altro pianeta. E’ esattamente questa la sensazione da cui si è pervasi appena si mette piede su questa incredibile terra, dove tutti i riferimenti del nostro quotidiano sembrano in un attimo essere rimessi in discussione da una natura prepotentemente selvaggia e da concetti umani di tempo e di spazio, che paiono seguire una logica tutta a sé. Basta imboccare un tunnel monocorsia e scoprire poche centinaia di metri più avanti che, qualora si incroci un avventore che procede in senso contrario, occorrerà che una delle due vetture accosti lateralmente per dare la precedenza all’altra, per rendersi conto di quale sia qui la realtà; del resto, se il tunnel collega due “paesi” che contano una trentina di abitanti ciascuno, obiettivamente le possibilità per due auto che viaggiano in direzioni opposte di incrociarsi al suo interno sono quasi inferiori a quelle che, nel corso di una giornata, un vulcano islandese erutti.


E’ sufficiente guardarsi intorno qualche istante per rendersi conto di come la dimensione islandese sia tutt’altro che antropocentrica; non è l’uomo a dettare le regole qui, semmai a lui è data la possibilità di adattarsi nel migliore dei modi a ciò che la natura offre ed impone. Nota come “terra di fuoco e di ghiaccio” – e già questo epiteto la dice lunga su chi sia qui a farla da padrone – l’Islanda incanta e sorprende con i suoi circa 130 vulcani attivi, i suoi altopiani desertici, la sue cascate bucoliche, i suoi ghiacciai che si protendono fino a bassa quota, solo a pochi km di distanza da dove la terra ribolle a 100 °C nei geyser.


Tutto estremamente affascinante, contraddittorio, eccessivo quando si mostra nell’altra faccia della stessa medaglia. L’attività vulcanica, oltre ad un effetto diretto in caso di eruzioni, si manifesta anche nel sottosuolo, provocando talvolta violenti terremoti magmatici e improvvisi scioglimenti di alcune porzioni dei ghiacciai, con forte rischio di alluvioni. L’elevata sismicità è ulteriormente enfatizzata dal fatto che l’isola è attraversata in direzione sud-ovest/nord-est dalla dorsale medio-atlantica, la catena montuosa più lunga della Terra con i suoi circa 10.000 km di vulcani sottomarini che, eruttando, continuamente apportano materiale attraverso la faglia che suddivide la placca tettonica nord-americana da quella euro-asiatica, ben visibile, come un vero e proprio canyon, in alcune zone dell’Islanda; proprio questo continuo ‘rifornimento’ impedisce che le due placche, che si allontanano ad un ritmo di 2 cm all’anno, si separino definitivamente, ‘spezzando’ letteralmente in due l’isola. Ma non è tutto. Una delle prime cose che colpisce, quando si mette piede sul suolo islandese, è la totale assenza di alberi, essendo la vegetazione, a causa della latitudine, del tutto simile a quella, bassa e rada, di alta quota. Ciò conferisce al paesaggio un affascinante aspetto “lunare”, ma rappresenta anche un ulteriore ostacolo naturale alla già ardua esistenza umana islandese.

Se da una parte infatti nelle zone interne ricche di terreni sabbiosi e battute da forti venti, questa condizione facilita l’insorgere di tempeste di polvere, dall’altra lungo i fiordi delle coste occidentali, sui cui monti cadono nel lungo periodo freddo enormi coltri nevose, l’assenza di ancoraggi naturali del terreno, solitamente operati dalle radici degli alberi, aumenta enormemente il rischio di valanghe. Non stupisce allora, in una realtà così estrema, che la pur sparuta toponomastica islandese annoveri tanto un “avalanche” quanto un “earthquake” town, rispettivamente distrutte da una devastante valanga nell’ottobre del 1995 e da un terribile terremoto nel maggio del 2008.


Da ultimo, ma non certo per rilevanza, qualora la natura impervia non bastasse, il carattere vichingo da queste parti è forgiato anche da condizioni atmosferiche che non si possono esattamente definire ‘favorevoli’. L’Islanda ha un clima freddo e nuvoloso per gran parte dell’anno, molto umido sulla porzione meridionale, decisamente più secco a nord, influenzato dai gelidi venti polari, ma in parte mitigato dalla corrente del Golfo e dalla presenza dell’oceano. Ne risulta una situazione meteorologica perennemente instabile, con forti sbalzi di temperatura e repentini cambiamenti del tempo. A ciò si aggiungono le interminabili ore di buio del periodo invernale, rese ancor più spettrali in alcune zone del nord dalla presenza di alte montagne all’intorno, che privano gli abitanti di queste aree della vista del già poco sole, troppo basso sull’orizzonte per poter far capolino al di sopra delle creste.


Non stupisce che un luogo così estremo ed incantato al tempo stesso possa aver generato storie e leggende di ogni genere. Sarà forse perché la bassissima densità della popolazione sul territorio rende difficile incontrare propri simili in carne ed ossa, ma gli islandesi hanno un vero e proprio culto degli esseri invisibili. Elfi, fate e trolls affollano la tradizione folcloristica di questa terra e proprio la difficoltà di accettare il continuo mutare dell’isola, i cambiamenti repentini dell’ambiente circostante e gli avvenimenti straordinari che la caratterizzano, non solo in passato ma a tutt’oggi, continuano ad alimentare questo credo; non a caso, molte sono le leggende di ritorsioni naturali contro gli uomini ad opera di queste creature fantastiche, infastidite o danneggiate da essi. Chissà se le cose stanno veramente così, chissà se è davvero loro la colpa di tanta contraddittoria meraviglia, quel che è certo è che qualcosa di incredibilmente misterioso e magico pervade questa terra, il cui ghiaccio da una parte obbliga anche d’estate il visitatore a trovare lo spazio per un piumino in valigia ed il cui fuoco dall’altra lo ricompensa scaldando il cuore di straordinarie suggestioni.

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