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  • Susanna Di Lernia

Cambiamento climatico: i rischi per la salute


Secondo l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), la salute non può essere definita semplicemente come assenza di malattia o infermità, ma si tratta di uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale che spetta di diritto a tutta la popolazione mondiale.

In questo senso si sente sempre più spesso parlare di salute globale, un approccio che mira a dare pieno significato e attuazione a questa visione di salute.


Il 23% delle morti a livello globale sono legate a cause ambientali di diverso tipo, tra cui qualità dell’aria e cambiamento climatico.


Come affermato da The Lancet, una delle più importanti riviste scientifiche in ambito medico, il climate change è “la più grande minaccia per la salute globale del 21 secolo”; allo stesso tempo, affrontare le sfide cui ci mette di fronte può essere la sua più grande opportunità.


Il cambiamento climatico influenza la salute globale con meccanismi di tipo diretto, indiretto e indiretto mediato da fattori socioeconomici.


Tra le conseguenze dirette, la maggiore incidenza di eventi meteorologici estremi (ondate di calore, alluvioni...) è già sotto gli occhi di tutti.

Da un punto di vista sanitario, per ondate di calore si intendono periodi di 5 o più giorni in cui la temperatura dell’ambiente eccede la media massima calcolata nel periodo 1961-1990 di 5°C.

Con la vecchiaia, il sistema interno di termoregolazione rallenta e, per questo, le persone anziane sono più vulnerabili alle alte temperature. Secondo i dati diffusi dal Ministero della Salute, sono stati 2.655 i decessi, in Italia, di soggetti di età superiore ai 65 anni, direttamente attribuibili al caldo durante l’estate 2015.

Si stima inoltre che, in un futuro non troppo lontano, le ondate di calore arriveranno a causare più di 120.000 decessi l'anno nella sola Unione Europea qualora non vengano fin da ora adottate misure idonee a fronteggiare la situazione. Queste stime risultano più alte non solo a causa del progressivo innalzamento delle temperature e della maggiore frequenza delle ondate di calore, ma anche dei mutamenti in atto nei trend demografici europei (invecchiamento della popolazione).

La sintomatologia associata al caldo si presenta con disidratazione, iponatremia (riduzione del livello di sodio nel plasma), stress da calore, crampi muscolari, lipotimia (improvvisa debolezza) e comparsa di edemi.

Le alte temperature sono inoltre spesso associate a inquinamento atmosferico (in particolare, le giornate caratterizzate da forte irraggiamento solare influiscono sul livello di inquinamento da ozono a livelli del suolo), causa di problemi respiratori e cardiovascolari, specialmente tra i bambini e gli anziani, e, in alcuni casi, di morti premature.


Tra le conseguenze del climate change di tipo indiretto, i mutamenti previsti nella distribuzione di patologie trasmesse da vettori (come zecche e zanzare) avranno un importante impatto sulla salute umana.

L’innalzamento di temperatura, unito al cambiamento nella distribuzione di precipitazioni nel corso dell’anno (periodi di siccità alternati a periodi di abbondanti precipitazioni), aumenta la probabilità di sopravvivenza del vettore e il tasso di crescita della sua popolazione.

Anche lo sfasamento dei cicli biologici tra predatori e prede, quali le zanzare, indotto dal cambiamento climatico, contribuisce alla crescita delle seconde.

Le temperature più elevate e l’aumento del livello di umidità e del numero di punti di acqua stagnante stanno già, di fatto, espandendo le aree in cui gli insetti vettori di malattie come malaria, dengue o chikungunya, sopravvivono e si moltiplicano.

Nelle zone montuose dell’Africa Orientale, ad esempio, l’andamento delle temperature negli ultimi 30 anni ha migliorato le condizioni di sopravvivenza delle zanzare, aumentando la trasmissione e l’epidemia di malaria in zone precedentemente vergini.


Temperatura e precipitazioni influenzano anche l’incidenza di infezioni quali colera o salmonellosi.


Si parla infine di conseguenze, sempre legate al cambiamento climatico, mediate da fattori socioeconomici.

Variazioni di temperatura e precipitazioni comporteranno, stando a quanto sostiene la FAO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura), la perdita di oltre l’11% di terreni coltivabili nei paesi in via di sviluppo entro il 2080, con conseguente riduzione della produzione di cereali e impoverimento della qualità alimentare.

Questo, non solo aggraverebbe il problema della malnutrizione a livello locale, ma potrebbe innescare altre conseguenze diffuse, come un aumento dei prezzi del cibo a scala globale.


Il cambiamento climatico è, dunque, un fattore da tenere in considerazione quando si parla di sicurezza alimentare e libero accesso al cibo; elemento, questo, che può andare ad esacerbare problemi sociali ed economici già esistenti.


È ormai chiaro che occorre adottare misure di mitigazione e adattamento per salvaguardare la salute pubblica, a diversi livelli.

Alcuni di questi interventi potrebbero inoltre comportare benefiche ricadute sulla salute (strategia win-win): ad esempio, promuovere il cosiddetto "trasporto attivo" (come andare in bicicletta e camminare) può contribuire alla riduzione dell'obesità e delle malattie non trasmissibili. Oppure, l'energia rinnovabile come quella solare può contribuire a garantire energia in modo continuativo alle strutture che forniscono servizi sanitari in aree remote.


Possiamo concludere questa riflessione con un’immagine che, negli ultimi anni, ci siamo abituati a vedere molto spesso: l’orso polare su un blocco di ghiaccio alla deriva, simbolo del cambiamento climatico che minaccia la specie e l’Artico. I rischi legati agli effetti del climate change non sono però realmente qualcosa di lontano in termini sia spaziale che temporale e la specie più a rischio, se non verranno adottate in tempo le misure necessarie è, in realtà, quella umana.


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