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  • Giuseppe Frustaci

Gli Osservatori Meteorologici Storici Italiani


Lo scorso 22 marzo si è svolto a Roma, nella splendida sala Spadolini della prestigiosa sede del Collegio Romano, un Workshop sugli osservatori storici italiani. L’occasione è stata fornita dal recente riconoscimento da parte dell’Organizzazione Meteorologica Mondiale (WMO) di ben sei osservatori nazionali come “centennial”: ovvero dotati di serie storiche più che secolari, che sono evidentemente di grande importanza scientifica almeno da quando si dibattono i temi del cambiamento climatico in corso. È infatti su quelle storiche osservazioni che si basano, dopo le doverose analisi e l’applicazione delle necessarie procedure di omogeneizzazione, alcune delle fondamentali e più dirette prove della variazione recente del clima: osservazioni risalenti talvolta al XXVIII secolo, o addirittura al XVI come nel caso delle prime registrazioni eseguite presso lo stesso Collegio Romano. Tanto che questo divenne, non a caso, sede del Regio Ufficio Centrale di Meteorologia, che a sua volta costituì poi il primo nucleo dell'attuale Servizio Meteorologico dell'Aeronautica Militare.


La nutrita rassegna di interventi, dalle allocuzioni ufficiali e istituzionali fino alle presentazioni a carattere più scientifico della seconda parte, ha coperto un intero pomeriggio: che è apparso con evidenza troppo corto per l’evento, con conseguente cancellazione della visita all’importante Biblioteca, inizialmente prevista e da molti partecipanti richiesta. Un po' del tempo disponibile è stato giustamente impiegato a conclusione dei lavori per la consegna formale dei diplomi del WMO ai rappresentanti degli Osservatori e per la scoperta della targa commemorativa dell’Osservatorio di Roma presso lo stesso Collegio Romano: a conclusione di un processo non sempre facile svolto presso lo stesso WMO e necessariamente passante per il Servizio Meteorologico che presso il WMO rappresenta la meteorologia italiana nel suo complesso. Va certamente dato atto a tutti gli attori di questo percorso di averlo saputo intraprendere con capacità fino al successo finale.


Oltre ai momenti più formali il Workshop, che ha visto una molto nutrita partecipazione da molte parti d’Italia fino a riempire completamente la sala, ha pertanto rappresentato un passaggio significativo nella storia recente della meteorologia nazionale: dalla sua ideazione e organizzazione, grazie alla vivacità dell’ancor giovane ma già intraprendente AISAM (Associazione Italiana di Scienze dell’Atmosfera e Meteorologia) e alla collaborazione del Servizio Meteorologico dell’Aeronautica Militare e del Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l’Analisi dell’Economia Agraria (CREA), è nato un evento che ha contribuito a ridare visibilità e rilievo ad istituzioni nazionali di grande interesse storico, sia culturale che scientifico, e dalle quali ha avuto origine non solo la meteorologia nazionale ma anche una parte non trascurabile della meteorologia “tout court”: una storia spesso ancora troppo poco conosciuta da parte degli stessi protagonisti odierni della materia.


Se da un lato recuperare i dati delle serie storiche, mettendoli al sicuro dalla sempre possibile perdita dei supporti cartacei originali, è opera doverosa e meritoria (un gran lavoro lo sta svolgendo in questo senso l’Associazione Meteonetwork con capacità e impegno e con il coinvolgimento di molti volontari appassionati), dall’altro il garantire la sopravvivenza delle istituzioni scientifiche e culturali che le hanno prodotte (con le relative sedi storiche, spesso di grande prestigio ma di non facile gestione, le collezioni di strumenti d’epoca e le biblioteche ricche di volumi e di documentazione d’archivio) rappresenta un dovere nazionale (e certo anche internazionale) per il quale tuttavia non si è finora riusciti in Italia a trovare le indispensabili soluzioni normative e le necessarie risorse. Tanto più se si considera quanto parcellizzata sia la realtà di queste stesse istituzioni, mai coordinate né valutate complessivamente ed invece spesso abbandonate a gestioni precarie, se non addirittura basate sulla dedizione di singole persone. Tra l’altro il workshop non ha mancato di mettere in evidenza quanto numerosi siano gli osservatori storici italiani e come siano talvolta in serio pericolo di estinzione.


È ampiamente auspicabile che questa lodevole iniziativa di AISAM possa costituire un passo determinante non solo per una maggiore consapevolezza del problema, ma anche per individuare ed avviare specifiche azioni (istituzionali e di volontariato) che permettano il salvataggio di dati e retaggi culturali. Le poche ma molto significative parole formulate in chiusura dal Presidente di AISAM, Prof. Dino Zardi, indicano con chiarezza il significato culturale e scientifico rappresentato dagli Osservatori storici ed il ruolo di mediazione tra scienza, cultura e divulgazione popolare da assegnare loro, grazie anche alla loro collocazione quasi sempre nei centri storici delle città, per tornare a valorizzarli e recuperarli al grande patrimonio culturale nazionale.


Come Fondazione Osservatorio Meteorologico Milano Duomo che, pur lavorando con lo sguardo ben rivolto al presente e al futuro, trae le proprie origini dalla tradizione osservativa di Brera (fonte di una serie storica risalente al 1773, una delle più lunghe in Europa e nel mondo), siamo evidentemente molto sensibili all’argomento: lo dimostra il fatto di essere FOMD socio fondatore dell’OMSI (Osservatori Meteorologici Storici Italiani).

Auspichiamo pertanto che quanto già intrapreso possa trovare in AISAM (di cui anche siamo soci) il contesto ideale per svilupparsi concretamente ed avviare passi decisivi al recupero e al salvataggio della storia, dei dati e dei luoghi che tanto significativamente hanno contribuito alla meteorologia e alla climatologia italiana e mondiale: pronti per parte nostra a fornire contributi di idee e di impegno concreto e fattivo.

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