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La sfida climatica: l'intervista ad Antonello Pasini

  • Immagine del redattore: Susanna Di Lernia
    Susanna Di Lernia
  • 9 minuti fa
  • Tempo di lettura: 5 min

Fisico del clima e divulgatore scientifico, Antonello Pasini è autore di diversi saggi che affrontano il cambiamento climatico con rigore e chiarezza. Nel suo ultimo libro, La sfida climatica (Codice Edizioni), accompagna il lettore in un percorso attraverso le cause e le conseguenze della crisi ambientale, smontando luoghi comuni e offrendo strumenti utili per comprenderla e affrontarla.


Pasini, che collabora con Fondazione OMD anche in qualità di direttore scientifico, condivide l’impegno per una comunicazione sul clima fondata su dati solidi, accessibili e pensata per la cittadinanza. Lo abbiamo intervistato per approfondire alcuni dei temi centrali del volume: dalle strategie di mitigazione e adattamento al ruolo dell’informazione scientifica, fino all’importanza delle scelte individuali e della consapevolezza collettiva.



Da climatologo e divulgatore, cosa ti ha spinto a scrivere La sfida climatica? C’è stato un momento o un episodio particolare che ha rafforzato il tuo impegno nel comunicare questi temi al grande pubblico?


Non un episodio singolo, ma una serie di osservazioni del fatto che sembriamo non essere in grado di interagire con sistemi e situazioni complesse senza combinare guai. Del resto, il nostro cervello si è evoluto per rendere al massimo nella soluzione di problemi semplici e immediati, dove a una causa corrisponde un singolo effetto circoscritto. Nel sistema clima non è così: quando noi facciamo qualcosa, questo si riverbera dovunque e non c’è un solo effetto, ma catene circolari causa-effetto dove spesso l’ultimo effetto diventa una causa per la causa da cui era partita tutta la catena. Così spesso il sistema retroagisce su di noi con effetti deleteri per noi stessi. Quindi, se noi consideriamo solo il primo effetto diretto delle nostre azioni siamo “miopi” e non vediamo la risposta finale della natura. Inoltre, siamo abituati ad agire in emergenza: ma risolvere emergenze attuali senza considerare la crisi climatica di lungo periodo significa aggravarla ulteriormente. Per tutto questo il libro si basa tutto sul fatto che il clima è un sistema complesso e su quello che ciò significa in vari ambiti: ovviamente quello scientifico, ma anche quelli “filosofico”, comunicativo e politico.


Nel tuo libro parli di molte “false credenze” legate al cambiamento climatico. Quali ritieni oggi le più diffuse e pericolose?


“Il clima è sempre cambiato”, “fa caldo perché siamo in estate”, “guarda quanto fa freddo: dov’è il riscaldamento globale?”, “ci sono stati periodi molto più caldi in passato”, “siamo troppo piccoli per influenzare il clima della Terra”, e potrei continuare. In generale, le più pericolose sono quelle che confondono meteo e clima e quelle che appaiono come mere opinioni senza fondamento o basate su dati molto parziali, quei pochissimi dati che fanno comodo a corroborare la tua opinione preconcetta.


Come possiamo riconoscere e contrastare la disinformazione sul cambiamento climatico?


Occorre considerare le fonti. Prima di tutto, dietro un’affermazione sul clima ci deve essere qualcosa pubblicato su una rivista scientifica internazionale del settore che possieda un buon impact factor, cioè sia “seria”: oggi purtroppo esistono anche tante riviste “predatorie” dove il processo di valutazione da parte di esperti indipendenti è inesistente o finto. Inoltre, occorre vedere se ciò che si afferma sia coerente con quanto scritto nell’articolo scientifico, perché oggi si cerca anche di manipolare i risultati, per esempio estendendone la valenza a un contesto generale, mentre invece magari l’articolo in questione si riferisce a un caso particolare. Lo so che non è semplice, ma per fortuna ci sono siti di debunking che in breve tempo riescono a smascherare queste situazioni o addirittura le cosiddette “bufale”. Se poi è uno scienziato che si esprime sul web, andiamo a vedere se è del settore, cioè se pubblica frequentemente sul tema climatico su riviste scientifiche internazionali: oggi lo si può fare con ricerche su motori di ricerca dedicati alla produzione scientifica. Eh sì, perché i metodi delle diverse discipline scientifiche sono differenti gli uni dagli altri e non si può essere esperti di tutto.


Il libro distingue chiaramente tra strategie di mitigazione e adattamento. In che modo queste due strade possono – e devono – procedere insieme per affrontare la crisi climatica?


Dobbiamo perseguire entrambe queste strade. Occorre adattarsi perché il clima ha un’inerzia: il riscaldamento globale sta andando avanti, per fermarlo occorre tempo e tra l’altro non pensiamo mai di tornare indietro con la temperatura globale, ma solo di stabilizzarla a un certo valore. Dunque, i fenomeni che vediamo ora, in termini di ondate di calore e siccità o di eventi di precipitazione violenti, ce li terremo ancora per i prossimi decenni. Dobbiamo gestire una situazione che ormai è diventata inevitabile, ma nello stesso tempo dobbiamo evitare di giungere a scenari che sarebbero ingestibili (da cui sarebbe difficilissimo difendersi), magari con 3 o 4 gradi in più a livello globale. Ecco perché dobbiamo mitigare, cioè ridurre drasticamente le nostre emissioni di gas climalteranti, e dobbiamo farlo subito, perché soprattutto l’anidride carbonica ha un lungo tempo di permanenza in atmosfera e dunque si accumula al passare del tempo.


Spesso ci si chiede se le azioni dei singoli abbiano davvero un impatto. Quali comportamenti individuali ritieni oggi più efficaci e significativi per contribuire alla lotta contro il cambiamento climatico?


Credo che, in un momento in cui il multilateralismo è in crisi e i negoziati internazionali sono in fase di stallo, se i grandi della Terra non si mettono d’accordo o raggiungono solo accordi al ribasso, ognuno di noi debba fare qualcosa. Innanzi tutto, prendendo coscienza del fenomeno dei cambiamenti climatici recenti, perché questo può spingere a mutare il proprio stile di vita. Ma ciò non basta: occorre mettersi in gruppo, per risparmio energetico, consumo sostenibile e produzione distribuita di energia (comunità energetiche, ad esempio). E ancora, si sente il bisogno di una spinta dal basso verso i nostri politici, affinché mettano il tema della lotta al cambiamento climatico ai primi posti delle loro agende.


Il titolo del libro parla di una “sfida”: abbiamo ancora il tempo e gli strumenti per affrontarla con successo?


Certamente. Finora siamo stati fortunati: il clima ha risposto gradualmente (in maniera quasi lineare) ai nostri influssi antropici. Ma nei sistemi complessi esistono delle soglie superate le quali il sistema si mette bruscamente su un equilibrio diverso, magari nel nostro caso con una temperatura media globale di parecchi gradi in più. Dobbiamo assolutamente evitare di superare la soglia climatica, che oggi la comunità scientifica identifica in circa +2 °C rispetto alla media pre-industriale. Abbiamo i mezzi per farlo: ci sono le tecnologie, ma occorre anche mettere in discussione un modello di sviluppo e la visione dei nostri rapporti con la natura e con gli altri uomini. Ci sono diversi piani di lettura della crisi climatica attuale. Di tutto questo scrivo nel libro e di tutto questo vorrei un riscontro dai lettori. Mi auguro che il mio libro possa accompagnarvi in questa prossima estate. Non per deprimersi e scoraggiarsi (purtroppo lo fanno in tanti), ma per comprendere il problema in profondità e capire come affrontarlo efficacemente.

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