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  • Pamela Turchiarulo

Quando la notte polare dà spettacolo…


È tendenza di un numero sempre crescente di viaggiatori, durante il periodo invernale, quella di rinunciare alle lusinghe di una parentesi calda offerta da qualche accattivante meta esotica per affrontare il rigido clima delle alte latitudini alla ricerca di una delle manifestazioni naturali più suggestive che l’atmosfera possa concedere: l’aurora polare. Poter assistere, almeno una volta nella vita, al fenomeno magico e affascinante del cielo notturno che si tinge di luci e colori, è infatti sogno di moltissime persone. Le aurore polari, boreale o australe a seconda dell’estremità del globo terrestre in prossimità del quale si verificano, sono un fenomeno ottico dell’atmosfera, caratterizzato da fasce luminose di un’ampia gamma di forme e colorazioni, tipicamente rosso – verde - azzurre, di diverse altezze e spessori, a volte quasi immobili, altre volte rapidamente mutevoli nel tempo e nello spazio, detti archi aurorali.

Ma da cosa si genera questo affascinante spettacolo della natura? L’origine è da ricercarsi nel cosiddetto ‘vento solare’, ovvero un flusso di particelle elettricamente cariche, che viene emesso dal sole e viaggia nello spazio interplanetario a velocità tipicamente comprese tra i 400 e gli 800 km/s. Quando giunge in prossimità del nostro pianeta, il vento solare investe il campo magnetico terrestre (magnetosfera), distorcendolo in una lunga coda cilindrica, in maniera del tutto simile ad una cometa. La magnetosfera si comporta come uno scudo schermando la Terra dall'impatto diretto delle particelle cariche (plasma), che dunque scivolano lungo il suo bordo esterno e si perdono nello spazio. In particolari condizioni, tuttavia, il vento solare può penetrare all’interno della magnetosfera e, dopo complessi processi di accelerazione, raggiungere gli strati più bassi dell’atmosfera terrestre, interagendo così con la ionosfera, ovvero quella porzione che si estende dai 50-70 km circa di quota, nella quale è presente un grandissimo numero di particelle elettricamente cariche (ioni), prodotte dalle radiazioni X e ultraviolette del Sole e dai raggi cosmici. La collisione tra protoni ed elettroni del vento solare e particelle ionizzate della ionosfera induce un’eccitazione di atomi e molecole dell’atmosfera che, che successivamente, diseccitandosi, emettono luce in varie lunghezze d'onda, dando così origine al fenomeno delle aurore.

Le aurore visibili ad occhio nudo sono prodotte da elettroni, mentre quelle generate da protoni, assai meno frequenti, possono essere osservate solo con l'ausilio di particolari strumenti. Il loro colore è invece principalmente da ricondursi al tipo di atomi e molecole coinvolti: così, mentre ad esempio l’ossigeno atomico tinge il cielo di colore verde e quello molecolare di colore rosso, l’azoto produce aurore di colore blu; anche l’altezza a cui si sviluppa il fenomeno e l’energia delle particelle cariche ne influenzano altresì il colore. Le aurore polari sono generalmente visibili a latitudini elevate, nelle zone circumpolari, poiché qui la magnetosfera possiede uno spessore inferiore e dunque offre una barriera meno efficace nei confronti del vento solare;

tuttavia, in caso di attività solare particolarmente intensa, le aurore possono essere visibili anche a latitudini inferiori, come spesso accade ad esempio nei cieli della Scozia o del sud della penisola scandinava. Attraverso il monitoraggio dell’attività solare, dell’atmosfera e dello spazio che la circonda, condotto con l’ausilio di satelliti, la maggior parte dei servizi meteorologici delle zone circumpolari quotidianamente emette bollettini di previsione aurorale, consultati con trepidazione dai ‘cacciatori’ di questa incredibile meraviglia naturale.

Se ai nostri giorni, le teorie legate al magnetismo terrestre e alla fisica quantistica hanno fornito una complessa spiegazione scientifica al fenomeno delle aurore polari, la fantasia degli antichi aveva attribuito loro, già nella notte dei tempi, significati imponenti e fascinosi. I Vichinghi ne riconducevano i colori scintillanti alla luce solare riflessa dagli scudi delle Valchirie, gli scandinavi vi identificavano le guerriere vergini di Odino che conducevano nell’aldilà le anime dei più nobili guerrieri una volta deceduti in battaglia; per i Lapponi, le aurore indicavano la presenza di messaggeri divini, per gli Inuit della Groenlandia e gli Islandesi fenomeni legati al regno dell’aldilà, danze di dei e folletti.


Tra scienza e leggenda, certo è che da sempre il fenomeno delle aurore polari ha tinto di incanto l’immaginazione degli uomini, fino a divenire, in tempi più recenti, il sogno di viaggio di molti. Ma quali luoghi e periodi dell’anno offrono le maggiori chance per poterlo realizzare? Tutto il nord della Scandinavia, soprattutto la regione della Lapponia, l’Islanda, ma anche la Scozia, le isole Shetland e le Orcadi concedono ottime possibilità di ammirare un’aurora boreale, sebbene il Canada, l'Alaska e la Groenlandia siano in assoluto gli osservatori più privilegiati. Quanto al periodo, i fenomeni di aurora boreale sono in genere più frequenti tra febbraio e marzo e tra settembre e ottobre, più o meno in coincidenza degli equinozi. Tra febbraio e marzo, inoltre, poiché l’iridescenza delle luci brilla nel buio più intenso della lunga notte polare, è ancor più facile ammirarli, specie nell’orario compreso tra le nove di sera e l’una di notte.

La presenza di tutte le condizioni favorevoli non assicura tuttavia la certezza del manifestarsi di un’aurora polare, per osservare la quale occorrerà comunque sempre un pizzico di fortuna. Ma in fondo parte del suo fascino e della sua magia è certamente da ricondursi alla sorpresa e all’emozione del vederla comparire all’improvviso nel cielo.

Del resto, come diceva Emily Dickinson, “a tutti è dovuto il mattino, ad alcuni la notte. A solo pochi eletti la luce dell'aurora”.

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