top of page

Gli occhiali modellistici

  • Immagine del redattore: Antonello Pasini
    Antonello Pasini
  • 13 ott
  • Tempo di lettura: 4 min

Aggiornamento: 14 ott

ree

di Antonello Pasini

Fisico climatologo CNR

Direttore scientifico della Fondazione Osservatorio Meteorologico Milano Duomo ETS


Nell’ultimo numero di questa rubrica ho mostrato l’importanza di osservazioni, misure e stime estese a livello globale per far progredire la nostra conoscenza in ambito meteo-climatico.

Oggi invece vorrei soffermarmi, anche solo a livello concettuale e non tecnico, sui modelli, che rappresentano uno strumento fondamentale di comprensione e previsione in meteorologia e nella scienza del clima.


ree

Sappiamo tutti che la meteorologia è nata nel ‘600 in Italia, nel Granducato di Toscana, con gli allievi di Galileo che hanno iniziato a costruire i primi strumenti di misura.

Da quel momento si sono potute misurare quantitativamente diverse variabili di valenza meteorologica e climatica. Per avere misurazioni abbastanza complete dello stato del tempo in una certa località c’è voluto ancora un po’ di tempo, ma non è un caso che alcune delle più lunghe serie storiche oggi disponibili siano italiane.

Osservazioni e misure ci danno il polso della situazione meteo, ci possono fornire segnali premonitori di cambiamento, una volta analizzati i loro dati statisticamente su lunghi periodi di tempo possiamo avere informazioni su eventuali cambiamenti del clima ma, da soli, questi dati non ci spiegano perché qualcosa stia cambiando. Tutto ciò che possiamo fare è trovare regolarità e magari correlazioni tra diverse variabili, anche esterne al sistema, come la radiazione o le macchie solari, o le concentrazioni di gas a effetto serra. Però le correlazioni tra due variabili non sempre sono una manifestazione di un rapporto di causalità tra le stesse. Dobbiamo andare più avanti.


Ma proprio Galileo ha fatto qualcosa di più. Adottando il suo metodo sperimentale gli scienziati oggi non si devono più accontentare di guardare cosa la natura presenta loro, ma possono “interrogarla” in laboratorio, mettendosi in condizioni semplificate, facendo precise domande e ottenendo altrettanto precise risposte dagli esperimenti. In tal modo, si riesce ad andare più in profondità, cogliendo singoli aspetti delle ingarbugliate “matasse” di relazioni tra fenomeni e processi che esistono in natura.


È possibile, allora, applicare questo metodo allo studio dell’atmosfera e magari dell’intero sistema clima?


Per l’atmosfera è stato fatto. Essa, infatti, non è altro che un miscuglio di gas e acqua nei suoi tre stati di aggregazione; per essa valgono le equazioni della termodinamica trovate nell’800 con gli esperimenti di laboratorio utilizzando pistoni e quant’altro. Inoltre, l’atmosfera è anche un fluido che obbedisce alle equazioni di Navier-Stokes.

E per il clima nella sua totalità? Qui la situazione è un po’ diversa, perché il clima è quanto risulta dall’evoluzione di tanti sottosistemi: l’atmosfera è uno di questi pezzi, gli altri sono gli oceani, i ghiacci, la biosfera (si veda la figura seguente). Dunque, dovremmo rinchiudere tutti questi pezzi in un laboratorio e ciò non è possibile, sia per ragioni di scala (ci vorrebbe una Terra gemella su cui fare esperimenti, ma non l’abbiamo), sia perché comunque non avremmo mai il controllo di tutto, cosa questa necessaria per effettuare esperimenti.


Una rappresentazione semplificata delle complesse relazioni tra i pezzi del sistema clima (costituito da atmosfera, idrosfera, criosfera e biosfera) e gli influssi esterni. Nelle ellissi i fenomeni e processi che avvengono alla loro interfaccia. Figura adattata da Lionello (2006).
Una rappresentazione semplificata delle complesse relazioni tra i pezzi del sistema clima (costituito da atmosfera, idrosfera, criosfera e biosfera) e gli influssi esterni. Nelle ellissi i fenomeni e processi che avvengono alla loro interfaccia. Figura adattata da Lionello (2006).

E allora? A partire dalla seconda metà del secolo scorso, prima la meteorologia e poi la scienza del clima hanno cominciato a utilizzare un nuovo tipo di laboratorio, un laboratorio non più reale ma “virtuale”: il calcolatore. Qui si usano tutte le conoscenze acquisite nei laboratori reali, sia per l’atmosfera che per gli altri pezzi del sistema clima che vi possono essere studiati separatamente. Le equazioni che ne conseguono vengono inserite in un modello che le risolve in un calcolatore, simulando le interazioni reali.


In breve, e senza entrare in nessun dettaglio tecnico, oggi i modelli meteo-climatici al calcolatore sono il modo di recuperare il metodo sperimentale galileiano per i sistemi complessi. Perché qui siamo in un laboratorio, sia pure virtuale, e possiamo eseguire esperimenti che non potremmo fare in natura e che ci consentono di capire molto di più, per esempio la natura del riscaldamento globale recente. Infatti, una volta che abbiamo modelli che riescono a ricostruire egregiamente il passato sotto l’influsso delle reali forzanti esterne, sia naturali che antropiche, possiamo modificare le cause esterne e capire cosa succederebbe in tal caso. La figura seguente mostra l’esito sulla temperatura media globale degli esperimenti fatti tenendo le forzanti antropiche ferme al loro valore preindustriale: in tal caso non ci sarebbe stato il grande aumento di temperatura degli ultimi 50-60 anni: un forte indizio che la responsabilità del riscaldamento globale recente è umana.


Ricostruzione della temperatura media globale (curva nera) da parte di alcuni modelli climatici (fascia beige, la curva marrone rappresenta l’output medio di questi modelli) e risultato degli esperimenti in cui gli influssi antropici siano lasciati fissi ai loro valori dell’epoca preindustriale (fascia azzurra e curva blu). Figura adattata da IPCC (2021).
Ricostruzione della temperatura media globale (curva nera) da parte di alcuni modelli climatici (fascia beige, la curva marrone rappresenta l’output medio di questi modelli) e risultato degli esperimenti in cui gli influssi antropici siano lasciati fissi ai loro valori dell’epoca preindustriale (fascia azzurra e curva blu). Figura adattata da IPCC (2021).

Mi scuso con chi conosce bene la modellistica meteo-climatica per questa trattazione puramente concettuale, ma credo sia importante puntualizzare che questa modellistica deriva direttamente da un modo di fare scienza che ha portato a enormi progressi in ogni campo della conoscenza, è solida e i suoi risultati sono robusti. I suoi occhiali ci permettono, ancora una volta, di evitare percezioni non corrette della realtà che possono indurre ad azioni dannose per tutti noi.


Commenti


Post recenti
Archivio

Fondazione Osservatorio Meteorologico Milano Duomo ETS
Via Guerrazzi 25, Milano
C.F. 97711130159 - P.IVA 09944730960 - Codice SDI (Fatt. elettronica): USAL8PV

bottom of page