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  • Susanna Di Lernia

Meteoropatico? Stai sereno.




Giugno giunge alla sua fase conclusiva e, cominciando a tirare le somme (entreremo più nel dattaglio nei prossimi giorni), quest'anno ha dato sfoggio di quel lato del suo catattere un po' più instabile e vicino ai mesi della stagione primaverile.

Chi aveva scelto questo periodo per concedersi qualche settimana di relax nelle classiche località vacanziere, non ha perso occasione di affidare, attraverso i canali social, le proprie personali rimostranze nei confronti di "pioggia e governo ladro".

Qualcuno paventa un proseguo della stagione sulla stessa linea, incalzato dagli ormai soliti noti che hanno trovato nel meteoterrorismo e nelle meteobufale la propria fonte di guadagno.

Qualcun altro è, al contrario, terrorizzato all'idea della prima vera ondata di caldo.

In ogni caso, parlare del tempo è una di quelle attività intramontabili che riesce a coinvolgere e a scaldare gli animi quasi quanto il calcio e la politica.

E' sempre e solo questione di penuria di altri argomenti, di un'ormai consolidata abitudine al controllo o, che ci piaccia o meno, la meteorologia ha davvero un impatto e un'influenza così importante nella nostra quotidianità e, in particolare, sulla nostra salute psicofisica?

Forse un mix di tutte e tre le motivazioni. In questo post ci concentriamo sulla terza.

C’è chi il freddo proprio non lo sopporta e chi detesta l’arrivo della primavera. Sono ormai parecchie le persone che si autodefiniscono, a volte con leggerezza, meteoropatiche; è necessario però fare una netta distinzione tra il malumore che spesso nasce da una giornata uggiosa da quella che dal 1982 è stata ufficialmente riconosciuta come una vera e propria sindrome.


Riferendoci al contesto italiano, si calcola che per il 5% della popolazione la meteoropatia costituisca una vera e propria malattia mentre ben il 50 % è sensibile per lo meno in misura lieve alle repentine mutazioni dei parametri meteorologici.


Il termine meteoropatia fa riferimenti all'insorgenza di un insieme di sintomi fisici e psicologici che seguono le variabili climatiche e meteorologiche come temperatura, pressione atmosferica, umidità, vento.


I sintomi sono diversi, così come diverso è il loro grado d’intensità. In genere fanno la loro comparsa con un cambio di stagione, possono manifestarsi sia in estate che in inverno, e colpiscono maggiormente le donne.

I più frequenti sono: insonnia, sbalzi di umore e di pressione, dolori articolari, mal di stomaco e, nei casi peggiori, depressione, infarto o ictus.


A seconda delle conseguenze è possibile distinguere varie forme di meteoropatia:

  • meteoropatia primaria: sintomi psicosomatici

  • meteoropatia secondaria: peggioramento di condizioni fisiche già presenti

  • seasonal affective disorder: depressione invernale, tipica dei paesi del nord.


Non è tanto l’arrivo del freddo o del caldo a influenzare negativamente il nostro umore, quanto la scarsa capacità che spesso abbiamo di sintonizzarci con i ritmi della natura di cui facciamo parte.

Esistono, ad esempio, alcune forme di depressione clinica che seguono un andamento influenzato dai ritmi stagionali aggravandosi, in particolare, con l’arrivo della primavera.

Queste forme amplificano un qualcosa che esiste già in molti di noi: vivere con disagio l’alternanza delle stagioni che, anche se richiederebbero una modifica dei ritmi del quotidiano (ore di luce, temperature ecc.), vengono inevitabilmente ignorati dagli inesorabili ritmi di vita collettiva, sociale e lavorativa. Non abbiamo insomma più tempo di adeguarci al tempo.


Autunno, inverno, primavera… persino l’estate non è esonerata da questo discorso.

I suoi effetti, secondo l’opinione comune, sembrerebbero esclusivamente positivi, ed è vero che molte ricerche hanno evidenziato i benefici di un maggior numero di ore di luce verso l’esito depressivo del buio, ma è vero anche che alcuni soggetti hanno manifestato, in estate, gravi disturbi dell’umore.


Due le principali fonti di disagio: da un lato il caldo estremo, dall'altro gli sbalzi da basse ad alte temperature, come quelli dovuti all’entrata e all’uscita in e da ambienti condizionati.

Questi passaggi condizionano la produzione di certi ormoni, come la serotonina, che mediano lo stress e i suoi effetti a livello cerebrale.

Il legame tra caldo e aggressività è studiato, del resto, da tempo e da molte discipline.

Interessante, ad esempio, lo studio condotto da Douglas Kenrick e Steve Mac Farlane riguardo l’influenza della temperatura sui comportamenti degli automobilisti in coda o in attesa ai semafori. Ebbene, risulta che in giornate calde e umide gli atteggiamenti sociali ostili sono esaltati, con maggiore aggressività verbale nella comunicazione o comunque maggiore irrequietudine.

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